martedì 18 settembre 2012

Pagina 4: "Per legge superiore" di Giorgio Fontana


Ai corsi di letteratura russa universitari si dice sempre che i romanzi di Dostoevskij successivi all’arresto e ai lavori forzati siano i grandi romanzi o romanzi della maturità. Penso che la stessa cosa si possa dire riguardo all’ultimo libro di Giorgio Fontana, “Per legge superiore”. Romanzo della maturità quindi, nel quale confluiscono molti temi che si trovavano già nei post del suo sito internet. Ce lo si poteva quasi aspettare che prima o poi avrebbero formato uno scritto più lungo di un semplice post. Il romanzo è limato in ogni sua parte. Controllato. La scrittura arrivata alla maturità dopo le prove dei precedenti libri.
Il tema fondamentale è quello della giustizia, ma già il titolo ci preannuncia che non sarà semplice definire cosa è giusto e come fare a dare giustizia. Un romanzo ergo che non sarà a tesi, bensì a domanda.
Il protagonista è Roberto Doni, un sostituto procuratore di Milano sulla sessantina. Ha le sue fisse consolidate nel tempo, come certe musiche o vestiti fatti su misura, che al lettore possono quasi sembrare fastidiose. Ha un rapporto conflittuale con la figlia. Una moglie anch’essa avanti con gli anni, ma ancora attraente. Tutte le informazioni che ci vengono fornite, sono elementi che ci aiutano a tracciare meglio i confini del personaggio, a entrare nel suo mondo, ad avvicinarci a lui per affrontare assieme la sua crisi esistenziale che lo assale.
Questa crisi parte in seguito alla mail che una giornalista, Elena, gli invia chiedendogli di ascoltarla per il caso riguardante un giovane immigrato, Khaled, accusato di aver sparato a una ragazza. (Le cose non sono esattamente così semplici, ma raccontarle qua per filo e per segno toglierebbe gran parte della scoperta della lettura che ogni libro possiede.)
Si inizia così a pensare, a riflettere e infine a porsi delle domande, assieme a Doni su alcune tematiche che hanno caratterizzato gli ultimi tempi della cronaca, se così si può dire, di Milano.
Via Padova.
Criticata. Discussa. Se ne è parlato tanto. Talmente tanto che ha anche fomentato ulteriormente l’astio e la diffidenza che i milanesi provano nei confronti di quella zona e di zone simili ad essa lasciate ai margini dalla grande città. Astio che si riversa anche sui suoi abitanti, principalmente immigrati, alcuni senza permesso di soggiorno, che cercano di cavarsela anche loro e di andare avanti.
Elena porta Doni proprio qui. Tra queste persone. Per farlo parlare con conoscenti di Khaled che potrebbero testimoniare a suo favore per scagionarlo dall’accusa, ma anche per fargli conoscere una zona che un borghesotto come lui difficilmente gli capita di visitare e per di più a piedi, quindi stando a stretto contatto con la gente di quel luogo. Il borghesotto ha schifo di quel luogo e di quelle persone. Dello sporco che sente e che vede con i suoi occhi abituati al lusso. Ed è un po’ lo stesso schifo che si vede negli occhi delle persone in metropolitana sfiorate da un ragazzo di colore identificato subito come immigrato irregolare lui e le attività che si pensa faccia, anche se poi in realtà non proprio così.
Attraverso la scrittura minuziosa e indagatrice dell’autore e l’esperienza diretta del protagonista sorgono così nel lettore alcune domande. Quello che si dice è vero? Davvero è così? I nostri pregiudizi sono veri?
Ritorna così il tema della giustizia che vive in tutto il romanzo, in tutte le pagine anche in sottofondo. Giustizia da dare a queste persone e di toglierle dal pregiudizio comune in cui esse vivono.
Quale giustizia abbiamo e quale ci diamo e o ci danno?
Le leggi sono un sottoinsieme della giustizia ma le due cose non corrispondo.
Conclusione alla quale giunge Doni e anche il lettore. Ma che molto probabilmente sapevano già entrambi. La si potrebbe quindi più ritenere come un accertamento.
Ci sono state delle leggi. Molte. Non siamo neanche a conoscenza di tutte se non siamo solito all’ambiente giuridico. Ma esse non sono per forza giuste. Esse non danno sempre il senso di giustizia che il cittadino si aspetta. Anzi. Molte volte la  giustizia va da tutt’altra parte. Non ascolta i cosiddetti buoni della storia, ma sta dalla parte dei cattivi.
A questo punto cosa è giusto fare?
Sottostare alle leggi che ci sono state date e che così hanno stabilito o ribellarsi a questo sistema e rischiare un’altra giustizia a prezzo però di perdere qualcosa, di pagare per quello che si sta facendo?
La scelta di Doni ci viene rivelata solo nell’ultimo capitolo del libro. Il viceprocuratore, dopo aver conosciuto una realtà diversa, dopo aver camminato tanto per Milano anche in luoghi che prima dell’incontro con Elena non si sarebbe mai immaginato come appunto Via Padova, dopo la sua crisi, dopo aver parlato con sua moglie prima e poi con il suo mentore, dopo aver visto il coraggio e la determinazione di Elena nonostante le difficoltà prende la sua scelta.
Il lettore intanto prende la sua di scelta, nella sua mente. O nella sua vita.

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